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Lupi in
fabula
La sinistra ferroviaria è tornata alla ribalta
Avrà sicuramente
ragione il ministro Delrio quando dice che è un po’
presto per parlare di colpe sul caso che concerne le “Grandi opere” ed il
ministro Lupi. Siamo i primi in frangenti come questi a raccomandare
prudenza, perché non ci è mai piaciuto sbattere il mostro in prima pagina e
perché anche le vicende all’apparenza più semplici, possono rivelarsi
complicate. Lo stesso fatto che il figlio del ministro Lupi
sia stato assunto da uno degli inquisiti, può benissimo essere uno dei tanti
casi della vita. Il problema che ci preme è un altro. Ovvero come lo Stato
italiano negli ultimi trent’anni non abbia mai potuto fare a meno una sola
volta del manager Ercole Incalza, sia come dirigente di vertice al ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, o come consulente esterno del ministero
di Lupi. Meno male che ci dovrebbe essere lo spoyl sistem. Incalza ha
attraversato in posizione di vertice tutti i governi
dal 2001 a
oggi, con l’eccezione di quello guidato da Romano Prodi nel 1996, grazie ad
Antonio Di Pietro che preferì non avere fra i suoi dirigenti un personaggio
coinvolto nelle inchieste di Tangentopoli. Lo reintegrerà immediatamente
Pietro Lunardi, nel governo Berlusconi nel 2001, e da quel momento Incalza è
tornato inamovibile nemmeno ci fosse stato Claudio Signorile ministro per 14
anni ininterrottamente. Incalza nel 1983 fu consigliere del ministro dei
Trasporti della sinistra socialista, allora la si
chiamava “la sinistra ferroviaria”, fino ad assumere la responsabilità di
Capo della Segreteria Tecnica del Piano Generale dei Trasporti l’anno
seguente. Nel ‘91 passa alle Ferrovie dello Stato, finisce fra i dannati di
“mani pulite”, ma nel ‘94 è già tornato al ministero
dei Trasporti, una seconda casa per lui, tranne la parentesi del ministero Di
Pietro. Le Grandi opere in questo Paese sono assolutamente necessarie e
sembrerebbe che solo con Incalza possano essere realizzate in tempi certi. Se
poi nella maniera più trasparente e immuni da
qualsiasi fenomeno di corruzione, a questo punto, ce lo dirà la magistratura.
Va detto che Incalza è stato sotto attacco dei deputati del Movimento 5
Stelle delle Commissioni Trasporti e Infrastrutture e Ambiente e che il ministro Lupi lo ha sempre difeso come l’uomo giusto al
posto giusto. Capiamo che il ministro non voglia dimettersi
ma in questo caso, mai
Incalza venisse condannato, la stessa carriera politica di
Lupi sarebbe a rischio. Una discrezionalità soggettiva nella selezione delle
opere, insieme a procedure farraginose come il codice degli appalti e a una
strumentazione normativa desueta, che di fatto ha
privato il settore pubblico del suo naturale ruolo di verifica e di
controllo, sollevano le perplessità su quanto è stato fatto finora e ombre
sui principali interpreti di questo complesso processo. Lo stesso presidente
del Consiglio Renzi, che non ha speso una parola a difesa del suo ministro,
lo testimonia. Non c’era bisogno della magistratura per intervenire con la
necessaria nettezza ed il rischio è che nemmeno l’intervento della
magistratura serva a cambiare qualcosa. Renzi ci pensi bene.
Roma, 17 marzo 2015
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